Scandali nel calcio femminile canadese: una crisi senza precedenti

Un'inchiesta svela pratiche inaccettabili e comportamenti scorretti all'interno della nazionale.

Un’inchiesta sconvolgente

Il calcio femminile canadese è attualmente al centro di uno scandalo che ha scosso profondamente l’intero movimento sportivo. Le recenti rivelazioni hanno messo in luce pratiche inaccettabili all’interno della nazionale, tra cui feste “obbligatorie”, consumo eccessivo di alcol e comportamenti inappropriati da parte dello staff. Queste situazioni hanno portato a una crisi di fiducia nei vertici della federazione e hanno sollevato interrogativi sulla gestione della squadra.

Le accuse di spionaggio

La vicenda ha avuto inizio durante le Olimpiadi di Parigi, quando l’allenatrice Bev Priestman è stata licenziata per aver orchestrato un caso di spionaggio ai danni delle avversarie. Utilizzando strumenti per registrare le sedute tattiche delle rivali, Priestman ha violato le norme etiche del calcio. La scoperta è avvenuta grazie a una giocatrice neozelandese, Rebekah Stott, che ha avvertito un ronzio sospetto, rivelando così che la sua squadra era sotto controllo. Questo episodio ha segnato l’inizio di una serie di eventi che hanno portato a conseguenze devastanti per la nazionale canadese.

Pratiche discutibili e conseguenze

Le indagini hanno rivelato che, oltre al caso di spionaggio, esistevano pratiche discutibili nella gestione della squadra. Secondo un rapporto del “The Globe and Mail”, si sono svolte serate di bevute “obbligatorie” prima delle partite, riservate solo allo staff, dove si consumava alcol in modo eccessivo. Durante questi eventi, si sono verificati comportamenti inappropriati, tra cui il lancio di “giocattoli sessuali” e allusioni volgari. Queste rivelazioni hanno suscitato indignazione e vergogna, portando a una pesante penalizzazione per la federazione e a multe significative.

Il trattamento inaccettabile dello staff

Un altro aspetto inquietante emerso dall’inchiesta riguarda il comportamento dell’assistente allenatrice Jasmine Mander. Le testimonianze indicano che Mander avrebbe riservato un trattamento pressante e inadeguato ad altri membri dello staff, causando “crisi di pianto e attacchi di panico”. Queste pratiche hanno messo in evidenza un ambiente di lavoro tossico e hanno sollevato interrogativi sulla cultura all’interno della nazionale. La situazione attuale richiede una riflessione profonda e un cambiamento radicale per garantire un ambiente sano e rispettoso per tutte le atlete e il personale coinvolto.

Scritto da Redazione

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