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Un attacco che scuote il mondo del calcio
Negli ultimi giorni, la squadra di calcio del Bologna è stata vittima di un attacco informatico di tipo ransomware, un fenomeno sempre più comune nel panorama digitale attuale. Questo tipo di attacco prevede l’uso di software malevolo che rende inaccessibili i dati, richiedendo un riscatto per il loro ripristino. La notizia ha suscitato preoccupazione non solo tra i tifosi, ma anche tra le autorità competenti, dato il potenziale impatto sulla privacy e sulla sicurezza dei dati personali.
Le minacce di RansomHub
Due giorni prima dell’annuncio del Bologna, l’organizzazione criminale RansomHub ha rivendicato il furto di oltre 200 gigabyte di dati sensibili. Tra le informazioni sottratte ci sono contratti e dati personali di staff e tifosi abbonati. RansomHub ha minacciato di pubblicare questi dati se non verrà pagato un riscatto, evidenziando la vulnerabilità della società in materia di sicurezza informatica. Inoltre, l’organizzazione ha accusato il Bologna di violare il GDPR, il Regolamento generale sulla protezione dei dati dell’Unione Europea, a causa delle misure di sicurezza inadeguate.
Le conseguenze legali e le azioni intraprese
In risposta all’attacco, il Bologna ha immediatamente denunciato il furto alla Polizia postale e ha informato il Garante della privacy. La decisione della società di non pagare il riscatto ha portato RansomHub a minacciare la pubblicazione dei dati sensibili entro un termine stabilito. Questa situazione solleva interrogativi sulla protezione dei dati nel mondo dello sport e sulla responsabilità delle organizzazioni nel garantire la sicurezza delle informazioni personali. La vicenda del Bologna rappresenta un campanello d’allarme per tutte le istituzioni sportive, che devono rivedere le proprie politiche di sicurezza informatica.